Esistono montagne mitiche, una di queste è indiscutibilmente il Cervino. Ogni alpinista sogna di salirne la famosa parete Nord, per me questo sogno si è avverato lo scorso week end.
Da un po’ di tempo seguivo le condizioni di questa parete, nonostante le informazioni che avevo raccolto non fossero positive, la voglia di una grande avventura era tanta e non volevo salirla con la ressa di cordate, come succede quando si sa che le condizioni sono buone.
Sento l’amico Carlo che è subito entusiasta di partire per questa salita. L’alta pressione è dalla nostra, e venerdì saliamo a Zermatt con una giornata strepitosa. Lasciata l’auto a Täsch, arriviamo in taxi a Zermatt e attraversiamo tutto il paese verso gli impianti di risalita, un primo troncone ci porta a Furi (1867m) e il secondo a Trockener Steg (2939m) – sarebbe molto più comodo salire a Schwarzsee (2583m) più diretta per l’HörnliHütte ma fino al 23 giugno resta chiuso.
Dall’arrivo dell’impianto con un lungo traverso verso ovest, su neve a tratti profonda, si arriva alla base della Cresta dell’Hörnli, che prima con qualche scala e passerella e poi su sentiero porta al Rifugio – ora chiuso, ma con un bellissimo bivacco invernale, con venti posti letto, senza coperte però, ma energia elettrica, luci e toilette.
La notte passa veloce, interrotta da due gruppi di ritorno dalla Normale, uno di quattro rumeni rientrati alle 21:30 e uno di tre bulgari arrivati alle 1:00, mentre per noi la sveglia suona alle 2:30 e troviamo i bulgari che ancora cenano nella sala da pranzo, mentre noi facciamo colazione.
Alle 3:15 lasciamo l’accogliente rifugio e ci dirigiamo sul versante nord. Con un traverso verso ovest, in piano su un pendio glaciale, si arriva sotto la seraccata che si passa senza difficoltà sulla sinistra, su di una lingua di neve. Si continua ad attraversare fino al margine destro della rampa, che da inizio alla via, nell’unico punto dove si riesce a superare agevolmente la terminale – noi ci siamo legati in questo punto, per poi slegarci appena sopra.
La prima parte della rampa è su neve pressa ,che però presto lascia spazio al ghiaccio duro, comunque sempre a 50°/55° per cui non ci leghiamo. Iniziamo ad attraversare verso destra prima di arrivare in cima allo scivolo e ci portiamo sotto una costola rocciosa. Qui ci leghiamo prima di superare verso destra nel punto più debole la costola (numerosi chiodi).
Da qui l’andamento della via è in traverso ascendente verso destra. Subito dopo la costola si vede la rampa inclinata alla base dell’enorme bastione strapiombante che sta sotto la Solvay, che costituisce la parte centrale della via. Non bisogna salire subito alla goulotte, che si vede in alto (difficile M6-M7 anche se ci sono numerosi chiodi), ma attraversare sotto più semplicemente per poi risalire appena dopo aver superato uno spigoletto sempre verso destra (soste presenti). Alla base della rampa c’era una esile goulotte che a tratti lasciava scoperte le rocce a tratti era coperta di neve ma la salita è sempre stata abbastanza agevole. Tutto questo tratto l’abbiamo salito in conserva lunga utilizzando spesso il T-bloc. Le soste sono presenti quasi sempre ogni 50-60m.
All’uscita della rampa si sala un camino un po’ più complicato (M5 difficile da proteggere) e poi si attraversa un canale-goulotte con andamento ascendente da destra a sinistra (da non risalire, ma è evidente visto che la via non va mai verso sinistra). Appena fuori dalla balistica del canale c’è una buona sosta, da cui si attraversa ancora per 30m su misto poi per 70m su neve in diagonale ascendente, indovina un po’: sempre verso destra ahahaha. Si arriva sotto una goulotte a 80°-85° che in alto è quasi strapiombante la si sale per 20m (AI4+ chiodi sulla destra ma difficili da utilizzare, con viti corte ci si protegge discretamente su ghiaccio) dopo di che ad una cengia si attraversa ancora a destra per 30m su roccia (sosta alla base della goulotte, in cima ad essa e a metà del traverso).
Il traverso su roccia porta all’ultimo terzo di via che sale su neve, spesso solo una decina di cm sopra la roccia. Qui il percorso è abbastanza libero ma sempre tendente a destra fino a raggiungere la cresta di Zmutt, dalla quale raggiungere la vetta è semplice (si aggira sul versante N un unico salta più ripido della cresta, con percorso logico ed evidente). In questo tratto conviene salire in conserva lunga sfruttando le rocce affioranti per piazzare qualche protezione. Per noi questo è stato il tratto più faticoso, sia per il fatto che è tutto sopra i 4000m, sia perché ho dovuto battere la traccia nella neve. La cresta di Zmutt l’abbiamo raggiunta a circa 4300m.
Anche se la stanchezza era tanta, alle 16 quando abbiamo raggiunto la croce sulla vetta italiana del Cervino, l’emozione è stata indescrivibile.

Una piccola pausa per assaporare la salita, bere l’ultimo sorso d’acqua e mangiare l’ultima barretta, e poi alle 17 iniziamo la discesa, per la lunga, lunghissima cresta dell’Hörnli. L’idea era di fermarsi alla capanna Solvay, ma quando arriviamo scopro che l’accendino non funziona, per cui niente acqua e niente cena (visto che avevamo solo alimenti liofilizzati), così nostro malgrado optiamo per tornare all’HörnliHutte dove almeno l’acqua di fusione che scende dal tetto c’è (l’accendino invece no). Col buio, che arriva tardi per fortuna, ci perdiamo in qualche punto della discesa ma con qualche buona intuizione alle 23:30 siamo al rifugio stanchi affamati e assetati. Affamati ci resteremo fino all’indomani, quando incontriamo due escursionisti, che salgono da Furi ai laghetti di Schwarzsee, che ci offrono una tavoletta di cioccolato con le nocciole – mai ho amato tanto questo alimento come in quel momento.
La domenica non resta che scendere a Furi, e raggiungere Gravellona Toce dove un mio caro amico – Basa – ci accoglie con una super grigliata e fiumi di birra. Passando prima per la tappa obbligata del McDonald di Zermatt, ovviamente.

Le condizioni attuali non sono proprio semplici, ma neanche terribili, comunque ben lontane da quelle ottimali con neve pressa su tutta la via. C’è abbastanza ghiaccio e roccia, mentre la neve sulla parte alta non è molto trasformata, certo ora c’è una bella traccia!
Logistica: salire con gli impianti fino a Schwarzsee oppure a Trockener Steg (più lunga) per raggiungere il rifugio. Si può dormire ottimamente all’HörnliHütte, se chiuso ottimo bivacco invernale. Partire dal rifugio per essere all’alba sulla rampa (considerare almeno 2h). In questa stagione il sole entra in parete tutto il giorno a parte le due ore centrali, quindi occhio alle temperature, perché la caduta di sassi è un rischio molto elevato. Le tempistiche sono molto variabili in base alle condizioni e alla benzina che si ha, ma per la discesa considerare almeno 2h dalla cima alla capanna Solvay e altre 2h e mezza fino all’HörnliHütte.
Materiale: una corda intera da 50m è più che sufficiente, una serie completa di friend dallo 00 al 2 BD, e 6 viti (10 e 13 cm, da 16cm non servono a nulla).
Una buona relazione che ho utilizzato è questa trovata su: mdettling e da me integrata.

Grande Fra!! È sempre bello e affascinante leggere le tue avventure
Cristiano
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